Il fiume Secchia a cui viene riconosciuto di essere dono e ragione della floridezza per gli insediamenti che nei secoli si sono formati lungo il suo corso, lo stesso fiume, con le sue piene, è stato portatore di devastanti distruzioni.
L’ultima alluvione che ha pesantemente coinvolto il territorio della provincia di Modena, risale al 1973. Le giovani generazioni non ne hanno memoria, i più anziani la interpretano forse improbabile a ripetersi dopo gli interventi di allargamento delle casse d’espansione del Secchia. All’epoca, in un documento redatto dall’Amministrazione Comunale di Modena si leggeva: “Il destino di Modena è affidato esclusivamente alla fortuna. Basti pensare che l’alveo del Secchia è situato ad un livello che supera di tre metri quello del centro cittadino. Una rottura dell’argine destro avrebbe conseguenze incalcolabili per tutta la parte nord/est della città dove sono situati, oltre i prestigiosi monumenti ed opere d’arte, vasti insediamenti industriali e residenziali. Questo è il risultato di decenni di incurie, di abbandono, di disordine in cui vengono lasciati i fiumi; queste sono le conseguenze del dissesto idrogeologico.”
Il quotidiano La Stampa del 23 ottobre 1973 usciva con un articolo a caratteri cubitali: Modena: dieci miliardi per non aver più paura e nel sottotitolo spiegava come: “Ad ogni pioggia gli abitanti temono un’alluvione. Dal 1959 ad oggi si sono avute otto inondazioni, le ultime tre nel giro di un anno…”.
La soluzione al gravissimo problema venne individuata nelle casse d’espansione del Secchia che, dopo la loro realizzazione e sino ad oggi hanno scongiurato altri gravi episodi